“Da cementopoli a profugopoli”: la riflessione di Massimo Arecco

“Da cementopoli a profugopoli”: la riflessione di Massimo Arecco

Una parte di quel mondo produttivo, per intenderci quello rappresentato da imprese poco avvezze a confrontarsi con il libero mercato, ma capace di tessere fruttuosi rapporti con la politica locale, fino a pochi anni orsono lucrava con facilità nel settore edilizio e degli appalti pubblici.
In un contesto economico di piena espansione cementizia poteva essere sufficiente intrattenere familistici e consolidati rapporti con l’assessore comunale di turno, a cui veniva assegnata la delega all’urbanistica, o ai lavori pubblici, per vedere garantito il rilascio della concessione per la realizzazione di un nuovo centro commerciale, piuttosto che per una lottizzazione residenziale, o per la creazione dell’ennesimo polo artigianale.

E’ noto che l’eccessiva facilità di alcuni nell’ottenere le cose, con il tempo, non ne sviluppa la capacità imprenditoriale, spegnendone l’inventiva, mentre scoraggia il diffondersi di una sana concorrenza.
A partire dal momento in cui uno dei tanti governi privi di legittimità popolare, succedutisi in Italia dal 2011 ad oggi, ha contribuito a trasformare l’intero settore immobiliare nel bancomat per le amministrazioni locali e per le finanze statali, il giocattolo si è rotto.

La conseguenza, per una parte di questi pseudo imprenditori, è stata quella di assistere, impotenti, ad un inarrestabile declino delle proprie attività economiche legate all’edilizia ed agli appalti pubblici.
Una dopo l’altra, un notevole numero di queste aziende, sparse sull’intero territorio nazionale, sono state ridimensionate, o hanno chiuso i battenti.

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