Genova. Una anno per la bonifica e due per il ripristino della fauna. Sono questi i tempi previsti dai tecnici della Città metropolitana affinché il torrente Polcevera torni come era prima di essere inondato del greggio della Iplom. “La prima preoccupazione è che il petrolio si insinui nelle faune acquifere – spiega il consigliere delegato della città metropolitana Enrico Pignone – ma questo dal punto di vista tecnico abbiamo avuto al momento rassicurazioni. Ora terminata la gestione dell’emergenza e della messa sicurezza, che richiede complessivamente sei settimane, si partirà con la bonifica vera e propria”. Un metro di scavo in alcuni punti del torrente “a seconda dei punti”.
Ma dove vanno a finire il petrolio e la terra intrisa di catrame che il consorzio Belgor sta rimuovendo dal Fegino e dal Pianego, oltre che dal Polcevera stesso? Anzitutto occorre suddividere il materiale. “Le emulsioni oleose vanno in due impianti genovesi – spiega Pignone, l’AOC che h sede in porto a Genova e il consorzio Ricupoil delle Gavette in Valbisagno”. La prima azienda è specializzata nel trattamento e recupero dei rifiuti liquidi prodotti dalle navi e dai diversi utenti privati e pubblici, mentre Ricupoil si occupa normalmente del recupero oli esausti, batterie al piombo, toner, pneumatici e rifiuti in generale. In entrambi i casi “attraverso una serie di processi di separazione e depurazione le acque vengono ripulite mentre la componente oleosa viene in parte reso riutilizzabile esattamente come accade agli altri olii esausti.
La terra del Pianego e del Fegino va invece diretta in Lombardia a Pero (Milano) in un’azienda specializzata in bonifiche terre: “Anche in questo caso le terre vengono rese inerti e riutilizzate per i fondi stradali”. Infine le panne: “Anche queste vanno Ricupoil che attraverso processi di pressatura vengono strizzate e vanno a finire in discariche specializzate”.