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Psicologia dell’abitare: quando le case hanno un’anima

Psicologia dell’abitare: quando le case hanno un’anima

Immaginare una casa, un’architettura, un luogo urbano. Credo sia uno dei pensieri più creativi ed espressione totale del rapporto tra il territorio e l’uomo. Pensieri e azioni che condizionano le persone che abitano i luoghi, li vivono, li osservano in una commistione che porta il linguaggio dell’abitare sempre più verso la ricerca di benessere psico fisico. L’architettura organizza gli spazi, la psicologia studia i processi mentali legati alle emozioni.

Un interno/esterno legato al nostro ambiente progettato e vissuto, influenzando il nostro comportamento attraverso l’organizzazione interna e la distribuzione, colori, arredi. Una città, un quartiere, la casa. Pensiamo a come il vivere in una bella città, un bel quartiere, una bella casa possa influenzare in maniera positiva la nostra qualità e il nostro stile di vita.

Richard Rogers in un suo aforisma scrive “Non si può pensare un’architettura senza pensare alla gente”. La globalizzazione assume contorni sempre più definiti e restrittivi, all’interno del quale siamo tutti uguali e omologati, legati a spazi di aggregazione e comuni uguali in ogni parte. Supermercati, grandi magazzini, catene di distribuzione alimentare, ristoranti, franchising il tutto assume unicità progettuale, stessi colori, stesse texture, stesse sensazioni. Sono luoghi senza anima.

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