Varazze. “Io e Riccardo siamo andati in spiaggia per fare pipì. Tornando indietro abbiamo rischiato di essere messi sotto sulle strisce. Quell’auto si è fermata a pochi centimetri da noi e così io ho allargato le braccia come gesto di rassegnazione. Non abbiamo detto nulla, ma quel ragazzo è sceso dall’auto, ha inveito e ha sferrato il pugno a freddo”. Così questa mattina Fabio A., che la sera dello scorso 10 ottobre era insieme a Riccardo Cinco sull’Aurelia a Varazze, ha raccontato i drammatici momenti dell’aggressione dopo la quale l’amico ha perso la vita.
La tragedia di Riccardo Cinco, morto 43 giorni dopo essere stato colpito da un pugno al volto dall’albanese Sabit Gabraje, 23 anni, è stata ricostruita questa mattina in tribunale davanti alla Corte d’Assise nel corso del processo per omicidio preterintenzionale.
Un’udienza nella quale non sono mancati colpi di scena e momenti di tensione: se l’amico di Cinco ha parlato di un’aggressione in piena regola, senza che ci fosse stata nessuna provocazione, la versione fornita dalla fidanzata del fratello dell’imputato è stata completamente diversa: “Abbiamo frenato per far passare della gente sulle strisce, Cinco e l’amico hanno inveito contro Sabit, gli facevano dei gesti con la mano come a dire ‘Che c..o vuoi?’. Allora lui è sceso dall’auto ed è iniziata una discussione e poi Cinco ha scagliato il boccale di birra contro Sabit che, dopo averlo schivato, ha reagito. Poi ho visto quell’uomo a terra”.