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Tradizioni da difendere, a Imperia il secco no alla “giuggiolina”

Tradizioni da difendere, a Imperia il secco no alla “giuggiolina”

Imperia. Giuggiolina nè ora nè mai. Tradizioni da difendere, a qualunque costo. Il presidente del comitato “Salvataggiasca”, Simone Rossi, critica la decisione dell’assessore Stefano Mai che ha deciso a portare avanti la trasformazione della taggiasca in Giuggiolina: ufficialmente, come un nome di “passaggio” in maniera che altri produttori non possano coltivare taggiasche magari in Puglia — da dove arrivano massicce richieste di acquisto di piante per rimpiazzare quelle tagliate dopo l’assalto distruttivo della Xylella — o anche all’estero; in attesa di ottenere dall’Europa la conferma di una Dop per la Taggiasca ligure.

E oggi. alla Camera di Commercio di Imperia si è parlato proprio della “guerra del’olio” con la presentazione dell’attività Comitato Salvataggiasca tra azioni, numeri, strategie, interventi a tutela della cultivar taggiasca. E in atto una corsa contro il tempo tra orti e uliveti della Riviera dove tra l’altro è stata recapitata una lettera aperta intitolata “Taggiasca: la storia, la vita, il futuro, il cuore del nostro territorio”. Così si legge: “Ti sei mai chiesto cosa succederebbe – recita la lettera del Comitato “Salvataggiasca”- se cambiassero la denominazione secolare della cultivar taggiasca in “giuggiolina”? Sicuramente i tuoi alberi si chiamerebbero con il nome della nuova cultivar; le nostre colture si trasformerebbero in uliveti di “cultivar giuggiolina” con rilevante pregiudizio per le nostre aziende. Potresti infatti utilizzare il nome taggiasca solo aderendo alla Dop. Ma la certificazione Dop è complessa, costosa e non è accessibile e vantaggiosa per tutti”.

Slow Food sull’argomento non ha dubbi, come si legge sul magazine dell’associazione a firma di Diego Soracco, che così scrive: “Certo è che, se avvenisse la sostituzione della cultivar, gli operatori della filiera olivicola per mantenere il nome Taggiasca sulle loro bottiglie dovranno, volenti o nolenti, aderire alla Dop Taggiasca, con tutti i costi e la burocrazia che comporta. Lo ricorda l’antagonista Comitato promotore per la protezione, la tutela e la valorizzazione della cultivar taggiasca nel Ponente Ligure — a cui aderiscono diverse realtà quali olivicoltori, aziende, frantoiani… insomma una buona parte degli operatori che non si sentono tutelati dalle associazioni di categoria. Considerato che l’attuale Dop incide su circa il 15% della produzione di olio ligure (un esito che non pare un successo), il cambiamento darebbe una decisa spinta verso l’alto alla percentuale a scapito di quelli che non vorranno o potranno aderire, pur avendo oliveti di varietà Taggiasca, perché dovranno classificare il loro olio “100% italiano” e, volendo, chiamarlo monocultivar Giuggiolina o Gentile. Evidentemente un bel danno. A quel punto la Taggiasca non sarà più un patrimonio e una risorsa di tutti, ma diventerà un “marchio privato”.

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