Genova. Prendete una bambinaia, una specie di Mary Poppins ma più sgraziata e malinconica, e datele in mano una Rolleiflex o una Leica. Potrà non succedere nulla. Oppure potrà nascere una stella della fotografia. A Palazzo Ducale di Genova, nella loggia degli Abati, dal 23 giugno all’8 ottobre, arriva la mostra “Vivian Maier – Una fotografa ritrovata”.
120 fotografie in bianco e nero, una ventina di insolite stampe a colori e alcuni fimati in super8 compongono l’allestimento che, in altre città italiane, ha riscosso enorme successo. Non solo per la qualità delle immagini esposte, ma per la storia di questa newyorkese di origine alsaziana, nata nel 1926 e morta meno di dieci anni fa e il cui elefantiaco corpus di opere (150.000 negativi e 3.000 stampe) venne rinvenuto quasi per caso nel 2007 da un tale John Maloof, affarista e scrittore, durante un’asta fallimentare.
In quelle migliaia di scatti c’è l’essenza della street photography, in anni dove fare foto “per strada” non era scontato come lo è oggigiorno. “Donne impellicciate, bambini che piangono, innamorati che si prendono per mano, poliziotti, senzatetto, e strani soggetti e autoritratti di ogni sorta” racconta la curatrice della mostra, Alessandra Mauro.