Cronaca

Il lavoro è per l’uomo

Il lavoro è per l’uomo

di Egidio Banti.

Centodieci anni di storia delle settimane sociali, iniziate nel 1907, sono per i cattolici italiani il segno non solo di una tradizione capace di attraversare tutto un secolo e di sfidare il nuovo, ma anche lo stimolo ad attualizzare un percorso di presenza nel mondo e nella società. Il risultato non manca di fecondità. Lo si è visto ieri mattina, alla Spezia, con il convegno diocesano sul tema del lavoro, presentato ed approfondito proprio alla luce dell’ultima settimana sociale, quella tenutasi a Cagliari nell’ottobre scorso. Tre erano i delegati della diocesi a quell’evento, Carlo Lupi, Nicola Carozza e monsignor Orazio Lertora, e sono stati loro i relatori del convegno, chiamati non solo a raccontare lo svolgimento della settimana sociale, ma anche a rilanciarne gli spunti più interessanti. I lavori, nella sala “San Francesco di Sales” di Tele Liguria Sud, sono stati aperti dal vicario generale diocesano monsignor Enrico Nuti, in sostituzione del vescovo Luigi Ernesto Palletti, indisposto. Nuti non ha mancato di richiamare la concomitanza, proprio ieri, con la giornata della memoria, e quindi con il ricordo della “shoah”: un evento, quello dell’olocausto, segno di un vero e proprio rovesciamento dei valori dell’uomo. La ricorrenza annuale chiama dunque le coscienze a riflettere su come evitare nuovi crimini contro l’umanità, e non può sfuggire in questo contesto – ha detto il vicario generale – l’importanza del lavoro, elemento indispensabile ad ogni convivenza civile, come osservato a suo tempo da Benedetto XVI, e quindi opportuno antidoto contro nuovi rischi di totalitarismo. Entrando nel merito della settimana sociale, Carlo Lupi, direttore dell’Istituto superiore di scienze religiose, ne ha anzitutto ripercorso il cammino storico, da quando Giuseppe Toniolo promosse la prima, appunto nel 1907, riprendendo intuizioni d’oltralpe di Federico Ozanam. Obiettivo, sin dall’inizio, fu quello di “riconiugare fede e vita”, di fronte ai temi della modernità. Su questo punto è intervento monsignor Lertora, riferendosi al messaggio di Papa Francesco inviato a Cagliari, e più in generale alle indicazioni programmatiche del pontificato che, sul tema del lavoro, invitano a coniugarlo sempre al tema della dignità umana: “senza lavoro non c’è dignità”, e il lavoro stesso quella dignità, oltre che promuoverla, deve rispettarla. Nicola Carozza, ricercatore e docente universitario, ha rilanciato l’obiettivo – che ora passa alle singole diocesi e a tutte le realtà ecclesiali – di attualizzare sempre di più le indicazioni del Papa, dei vescovi e delle settimane sociali in un ripensamento critico che ci aiuti a “leggere” i segni dei tempi. Segni, è stato detto anche nel corso del successivo dibattito, breve ma intenso, che non devono essere visti in negativo. Siamo, ricorda Carozza, in una sorta di “tempo dell’attesa”, che potrebbe manifestarsi in una nuova primavera. Certo, è difficile crederci prima di vederne i frutti, ma l’azione cristiana non deve arrestarsi di fronte alle incertezze. E’ l’uomo, del resto, che dà valore al lavoro. La diocesi, ha detto monsignor Nuti nelle conclusioni, cercherà di fare tesoro di quanto suggerito con iniziative rivolte a tutti, con spirito di servizio ma anche di determinazione: dalla scuola al mondo del lavoro. Anche chi non ha la fede guarda con fiducia a quello che, in tempi difficili, può fare la Chiesa e possono fare i cristiani. Lo ha sottolineato, tra gli altri, l’europarlamentare europeo spezzino Brando Benifei.

 

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