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Savona, il ponte di via Sormano intitolato agli esuli giuliano-dalmati

Savona, il ponte di via Sormano intitolato agli esuli giuliano-dalmati

Savona. Sabato 16 febbraio alle 11 in corso Ricci, all’altezza del Palazzo della Provincia, alla presenza delle autorità cittadine e dei rappresentanti di Aned, Arci, Caritas, Isrec e Migrantes, alcuni membri dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia scopriranno la targa di intitolazione del ponte agli Esuli Giuliano-Dalmati. Adriano Sansa, nato a Pola, magistrato, poeta e ex sindaco di Genova, terrà una breve prolusione.

“Savona colma così una dimenticanza nei confronti di una storia recente troppo a lungo passata sotto silenzio – spiegano gli organizzatori – A Trieste, nel porto vecchio, c’è un magazzino colmo di masserizie abbandonate, sedie, armadi, stoviglie, quadri, foto, un magazzino di ricordi, nostalgie e un dolore mai sopito, addormentato forse, che si risveglia però quando il pensiero torna a quegli avvenimenti della seconda guerra mondiale e del dopoguerra che hanno costretto migliaia di italiani della Venezia Giulia e della Dalmazia ad abbandonare le case, il lavoro, le abitudini, i morti nei cimiteri. Li aspettava una vita da ricostruire pezzo per pezzo, nell’incertezza, una patria che amavano ma che usciva distrutta da una guerra perduta e che li accolse spesso con diffidenza o aperto sospetto.

“Erano, per molti e a torto, ‘i fascisti’ che scappavano dal ‘paradiso comunista’ e che venivano a contendere pane e lavoro agli italiani. Ma italiani erano anche loro. E quel paradiso si era mostrato un autentico inferno. Quanti parenti, amici, conoscenti erano spariti, catturati dagli slavi comandati da Tito, uccisi nelle foibe o annegati in mare, morti per torture e stenti nei campi di concentramento perché non volevano diventare jugoslavi, perché non accettavano un regime che soffocava la libertà e stravolgeva una economia secolare? Molti, troppi. La conferenza di Parigi lasciava poche speranze, l’Italia sarebbe stata pesantemente punita e lo scotto sarebbe stato pagato dalla popolazione del confine orientale”.

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