Cronaca

Tributaria azzera contestazioni Entrate a Porto Imperia, richiesti 300 milioni a società fallita

Tributaria azzera contestazioni Entrate a Porto Imperia, richiesti 300 milioni a società fallita

Imperia. La Commissione Tributaria Provinciale di Imperia, con due sentenze depositate nei giorni scorsi, che seguono un’analoga sentenza di poco più di un anno fa, ha completamente azzerato le contestazioni che l’Agenzia delle entrate, a seguito di una verifica della Guardia di Finanza, aveva elevato per circa 300 milioni nei confronti della società Porto di Imperia, nel frattempo dichiarata fallita. La Porto di Imperia era difesa dal tributarista professor Giulio Andreani, partner dello studio legale Dentons.

Le contestazioni, che riguardano gli anni che vanno dal 2007 al 2012, si riferivano ai costi sostenuti per la costruzione del porto turistico di Imperia e ai ricavi derivanti dalla concessione di parte dei posti barca alla società costruttrice. In particolare, secondo il Fisco i costi di costruzione sarebbero stati enormemente gonfiati, perché il costruttore, una società del gruppo Caltagirone Bellavista, li aveva subappaltati ad altre società del medesimo gruppo e queste li avevano eseguiti per un prezzo notevolmente inferiore; i ricavi relativi alla concessione pluriennale dei posti barca, al contrario, secondo il Fisco sarebbero stati sottofatturati, in quanto il valore di mercato dei posti barca sarebbe stato maggiore di quello fatturato per la concessione pluriennale degli stessi alla società costruttrice. Se non che, come ha dimostrato la curatela del fallimento di Porto di Imperia, difesa da Andreani, il complesso meccanismo di pagamento del prezzo dell’appalto era tale da escludere qualsiasi ipotesi di sovrafatturazione dei costi, posto che prevedeva nella sostanza una permuta tra la costruzione del porto, da parte della società costruttrice a beneficio di Porto di Imperia, e la concessione pluriennale dei posti barca, da parte di Porto di Imperia a beneficio della medesima società costruttrice. Per effetto di tale meccanismo infatti l’importo dei costi coincide inevitabilmente con quello dei ricavi e quindi, qualunque sia il loro valore di mercato, se aumenta l’uno deve necessariamente aumentare anche l’altro, con un effetto nullo sul reddito tassabile, che deve essere determinato dal confronto, appunto, tra ricavi e costi.

La Commissione Tributaria di Imperia ha inoltre ritenuto applicabile il principi stabilito dalla Corte di Giustizia UE, secondo cui il medesimo fatto non può costituire oggetto di un giudizio tributario quando è già stato oggetto di un giudizio penale, come è accaduto in questo caso. Tra l’altro anche il procedimento penale relativo ai reati tributari derivanti dalle medesime contestazioni della Guardia di Finanza sopra ricordate si è concluso con l’assoluzione di tutti gli imputati, non essendo emersa, all’esito delle indagini, alcuna violazione.

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