Genova. «Assistiamo all’ennesima scelta politica di un Governo che spera di limitare il bollettino di guerra quotidiano delle aggressioni al personale sanitario con provvedimenti tampone. L’inasprimento delle pene e la procedibilità d’ufficio non faranno abbassare i toni e le mani a chi continuerà a veder leso il proprio diritto alla Salute a causa di tagli perpetrati da anni a risorse e personale» – dichiara l’ULS-Unione Lavoratori Sanità.
«Gli operatori sanitari speravano nelle tutele riconosciute dalla qualifica di pubblico ufficiale, status riconosciuto a portalettere, capotreni e insegnanti di scuole pubbliche ma non a medici, infermieri e il restante personale sanitario, tra l’altro con il benestare della Consulta delle professioni sanitarie e socio sanitarie. D’altronde se si dovesse pensare di fermare atti violenti, aggressioni verbali e fisiche con il codice penale appeso nelle corsie o nei Pronto Soccorso, ci si scontrerebbe con la realtà un tantino diversa che affrontano i Lavoratori del Servizio Sanitario Nazionale da 10 anni a questa parte» – dice.
«La realtà – sostiene il sindacato ULS – è quella insostenibile che ben conosce chi deve dare risposte ai bisogni di una popolazione sempre più anziana con dati alla mano che fanno rabbrividire. Meno 40mila posti letto ospedalieri e meno 35mila unità di personale in dieci anni a questa parte. La chiusura di quasi 200 ospedali e 1000 presidi di specialistica ambulatoriale in una decade hanno depauperato drasticamente l’offerta sanitaria ai cittadini. Il risultato, sebbene esemplificato a volte sotto spinte di cambiamenti culturali in peggio, è invece un livello di esasperazione della popolazione che trova ingiustificato sfogo contro coloro i quali sono vittime anch’esse di anni di tagli e riconversioni inutili dettate dalla spending review e dal D.M. 70/2015.