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Povero dottor Taddeus

Povero dottor Taddeus

“Perché, oh perché il Creatore ha nascosto a noi abitanti della Terra che non eravamo noi quelli che lo avevano spinto a creare i Cieli? Per tutta la vita mi sono messo al suo servizio, diligentemente, credendo che lui avrebbe notato i miei servigi, e mi avrebbe ricompensato con la Beatitudine Eterna. E ora, pare che Egli non sappia nemmeno che io sono esistito. Mi dite che sono un minuscolo microbo di un piccolissimo corpo celeste che ruota attorno a un membro insignificante di un insieme di trecento miliardi di stelle, e che quella stella non è che una dei milioni che compongono tale insieme. Non posso sopportarlo, e non posso più adorare il mio creatore.” “Molto bene,” disse il custode, “allora potete andare nell’Altro Posto”. A questo punto il teologo si svegliò ed esclamò: “Il potere che Satana ha sui nostri sogni è tremendo.” Si tratta della conclusione di uno testo a firma di Bertrand Russel pubblicato in Italia nel più ampio “Dio e la religione” con il titolo di: “L’incubo del teologo”.

Il pensatore anglosassone racconta di come il dottor Taddeus, uomo di scienza e di fede, sempre ligio ai richiami della coscienza e della religione, si sia trovato di fronte alle porte del Paradiso; dopo aver bussato ed aver avuto il permesso di accedervi scoprì che l’essere umano era assolutamente sconosciuto da quelle parti e l’epilogo dell’incubo fu la sua disperazione, specie dopo essere stato condannato a raggiungere l’Altro Posto. È evidente che le motivazioni dei bibliotecari del Paradiso circa l’assoluta nullità dell’essere umano nell’infinità dell’universo erano, nella prospettiva di Russel ed in quella della scienza, assolutamente fondate, tanto da rendere l’incubo fondatamente realistico, ciò che maggiormente stupisce è l’epilogo: al suo risveglio il povero dottor Taddeus non colse più le ragioni dell’argomentare del bibliotecario ma decise che tutto quanto aveva vissuto, la conferma oggettiva della nullità dell’essere umano, la sua insignificanza al cospetto dell’essere, l’assurda presunzione dell’uomo di essere il senso del creato, erano solo il tentativo subdolo del demonio di minare la sua fede.

Finalmente liberi dalla prigione ordita dal covid 19, Gershom ed io ci siamo rivisti per riprendere la piacevole usanza delle nostre serate enologico filosofiche e, al termine di un’ottima bottiglia di Gutturnio il mio amico, al quale avevo raccontato del mio recente incontro col dottor Taddeus, si lanciò in una visionaria descrizione dell’inizio: “Dio si aggirava tutto solo nell’Eden, si compiaceva della sua opera, in effetti essa era perfetta esattamente come lui, possiamo essere certi che fossero una cosa sola, certo non ha senso che esistano due perfezioni che non coincidano perfettamente, altrimenti una delle due sarebbe altro dalla perfezione e, pertanto, imperfezione. Insomma, il Creatore si specchiava compiaciuto quando, forse addirittura sorpreso, sempre che ciò fosse possibile, si accorse di avere fame, colse una mela perfetta da un perfetto albero di mele e non si avvide, o forse non volle avvedersi, del verme che ne aveva fatto la sua dimora. Ebbene, quell’ospite inatteso era l’uomo, o meglio, quello che noi chiamiamo uomo ma che per Dio, se solo lo avesse notato, sarebbe stato solo uno sgradevole intruso del quale era bene liberarsi in tutta fretta. Sta di fatto che Iddio si mangiò frutto ed ospite e solo una volta avvertiti i primi spasmi addominali scoprì di essere Dio ed è da allora che ama e detesta il terribile e meraviglioso intruso che ha dato inizio al tutto”

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