Delicato di salute, con un’intelligenza superiore alla media, ma di tipo assimilativo, Hitler non primeggiò mai nella scuola.
Si dice che fosse refrattario all’umorismo. Secondo la testimonianza di Albert Speer, suo unico amico, non si ricordano situazioni particolari nelle quali il Führer ridesse. Infatti non amava dare la vita, ma la morte. Sembra che in lui trionfassero quelle che Freud chiamava, appunto, “pulsioni di morte”. Rivolte dapprima verso l’interno e tendenti all’autodistruzione, queste verrebbero successivamente dirette verso l’esterno, manifestandosi sotto forma di pulsione di aggressione o di distruzione.
Personaggio senza precedenti né successori, la sua storia e il suo operato hanno terrorizzato e allo stesso tempo incuriosito molte persone.
Adolf Hitler fu anche, dopo Jack Lo Squartatore, uno dei primi personaggi per i quali fu richiesto un profilo psicologico.
Nel 1943, infatti, William Joseph Donovan, capo dei servizi segreti degli Stati Uniti, si rivolse ad uno psichiatra, Henry A.Murray , per avere un profilo del dittatore nemico. Quest’ultimo raccolse tutto ciò che trovò, come memorie di chi aveva avuto a che fare con il Fuhrer, disertori, fuggitivi, tra cui uno psicoanalista ed un dottore specializzato in malattie mentali. Secondo Murray, l’ex imbianchino non avrebbe avuto lunga vita, ed elencò una serie di ipotesi sul suo destino: sarebbe potuto essere assassinato, morire in battaglia o per cause naturali, venire catturato. Ma l’ipotesi più probabile era una sola: quella del suicidio. Qui Murray andò oltre, e gli avvenimenti gli avrebbero dato ragione: affermò che un narcisismo dominante come quello che abitava la mente di Hitler, difficilmente gli avrebbe permesso di farsi uccidere per mano dei suoi nemici, piuttosto avrebbe fatto da sé, scegliendo una modalità teatrale per uscire di scena.
Secondo questo rapporto, la vena sadica di Hitler deriverebbe da un’infanzia segnata dalle feroci percosse ricevute da parte del padre. Questo aspetto verrà poi ridimensionato da molti, in quanto alla fine dell’ottocento le punizioni corporali erano all’ordine del giorno nell’educazione dei figli.