Hanno puntato entrambi lo stesso sedile vuoto.
Lui in completo blu.
Giacca lunga e cravatta corta.
I bottoni faticano a stare abbracciati alla propria asola sul ventre prominente. Pare avvolto e avviluppato su se stesso, come una di quelle valige con l’assicurazione viaggio all’aeroporto.
Bianco, quasi grigio. Grassotto e lucidino, un po’ fluorescente, come i petti di pollo in scadenza al Lidl.
Da sotto alla mascherina spuntano un paio di baffetti radi, di quelli che gli adolescenti coltivano col bioscalin, e controllano con la lente di ingrandimento, e stringe gelosamente una 24 ore, presa coi punti della Conad a Natale.
Giurerei di aver visto un paio di bretelle rosse, ma forse è solo la mia immaginazione.
Lei è bellina. Tutta pastello, come una mentina di zucchero alla violetta.
Avanza sui tacchi a spillo, e sulle gambe da cicogna un po’ brilla, cercando di non perdere l’equilibrio, e di non cadere sulle ginocchia di nessuno su questo autobus un po’ puzzolente che da Piazza Del Popolo ci porta alla stazione.
Ha una acconciatura elaboratissima, zeppa di mollette viola mammola.
I capelli fini sfuggono ai denti dei piccoli pettinini viola, e lasciano intravedere piccole zone calve. Forse se li strappa, forse le cadono.
Ha un bel collo lungo, un po’ marezzato di sudore e imbarazzo, occhi azzurri quasi assenti, sbuffa e sposta velocemente la mascherina con gli orsetti per prendere un fiato d’aria, e mi lascia ammirare un bel paio di baffi che Frida Kahlo le farebbe un applauso. Un bell’applauso forte.
Si aggrappa stretta al corrimano con una piccola mano bianca, una mano di bambina con le unghie lilla un po’ sbeccate e forse mangiucchiate. La manica color malva si sposta, e sono cicatrici di tagli quelle che vedo, ma forse è solo la mia immaginazione.
Si guardano. Si sfiorano.
Lui le fa segno di accomodarsi.
Lei arrossisce e si siede.
Stringe la borsa lilla sulle ginocchia. Le nocche diventano bianche, poi rosse, poi, ovviamente, viola.
Lo guarda. Lui suda e sorride.
Lei apre la borsa tremando.
Afferra un rossetto e l’autobus ci strattona con violenza.
Il tappo cade.
Lui raccoglie. Le guarda le ginocchia mentre sale. Poi gli occhi negli occhi.
Si toccano.
Sorridono.