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L’Acna di Cengio: storia della “Fabbrica dei Veleni” | SECONDA PARTE

L’Acna di Cengio: storia della “Fabbrica dei Veleni” | SECONDA PARTE

Qui la prima puntata

Nel 1986 un flotto gassoso di acido solfidrico si sparse per il paese: un operaio rimase paralizzato a vita. In quegli anni iniziarono massicce proteste contro l’inquinamento da parte degli abitanti della Val Bormida, prima vietate per via del fascismo. I cittadini liguri e piemontesi urlavano a gran voce, come un mantra, “vogliamo l’acqua pulita”. Il loro desiderio era quello di far chiudere l’ACNA e sviluppare un progetto lavorativo alternativo, per non far perdere ai tanti dipendenti i loro posti di lavoro. Oltre alle manifestazioni, si attivarono giornalisti, esperti di chimica per lo studio di dati e tabelle, e molti altri.

Una donna della zona, che abitava in un mulino, a cui l’acqua aveva corroso le pale, conservò nel suo frigo delle bottiglie con quella sostanza “color coca cola” come prova da esibire alle autorità, stando attenta che i suoi figli non la bevessero. Ma i carabinieri, giunti a visionare le acque, negarono clamorosamente l’evidenza, e purtroppo quella non fu l’unica volta in cui accadde.

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