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La fontana

La fontana

A me del calcio non me ne è mai importato un fico secco. Mi piacevano i libri e i dischi, fumare un po’ di erba, la birra, gironzolare con gli amici.
Amici maschi, specifico, perché le femmine mi guardavano solo per scherno. Come biasimarle? Arrancavo per la mia misera vita di diciottenne savonese con lo stesso andamento serafico e inquietante di una mantide in un prato di ricci di castagno.
Una mantide maschio, ovviamente, e si sa, quelle povere bestie non hanno fama di vivere una vita molto felice.

A me del calcio non è mai importato un fico secco ma nel 1982, e precisamente l’11 luglio del 1982, non poteva che importartene molto.
A bagno, nella fontana, con la bandiera che a tratti ti copriva il viso e la maglietta fradicia avviluppata ad un corpo morbido di dea, c’eri tu.
Tu.
ri tu e in quel momento è stato chiaro che eri tu, e saresti stata tu molto a lungo.

In piedi, appoggiato al tettuccio della 126 azzurra di Carmine Zavoli, mio compagno di avventure, le grida, i clacson, gli inni e le bandiere sventolavano in un silenzio assordante, mentre il mio cuore tentava di trovare un ritmo che non lo facesse spappolare in mille pezzi.
Quella sera ti piombai addosso zuppo, gridando “Italia, Italia!!” mentre l’uomo e lo squalo ci guardavano ci sottecchi, sornioni, quasi complici nella loro faccia di piombo.

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