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Don Nicolò Peluffo: la sua memoria come stimolo per riflessioni sul nostro tempo?

Don Nicolò Peluffo: la sua memoria come stimolo per riflessioni sul nostro tempo?

Vado Ligure. Giovedì 8 marzo 1945 concludeva prematuramente la sua giornata terrena don Nicolò Peluffo, falciato dalle mitragliate fasciste nella sua Vado Ligure, dove era anche viceparroco. Settantasei anni dopo la sua memoria è sicuramente presente, ma rimane anche sottovalutata. D’altronde tematizzare storia e memoria è sempre difficile e incontra ulteriori complessità quando si coinvolgono questioni ancora oggi sensibili, come il Ventennio, la Resistenza e la Chiesa cattolica.

La vicenda di don Peluffo contiene questi tre temi; per i suoi ampi tratti, è abbastanza nota. Cresciuto nella Valle, Nicolò Peluffo era viceparroco di Vado Ligure, un prete apprezzato e amato anche per l’impegno che profondeva nei difficili anni della guerra e dell’occupazione nazistafascista. Era stato ordinato presbitero a Noli da meno di due anni, poco prima che la drammatica avventura bellica dell’Italia fascista virasse nella tragedia della guerra civile. In quel quadro, lui e il parroco don Calcagno avevano svolto il ruolo di mediatori tra le autorità della repubblica sociale italiana, lo stato-fantoccio sostenuto dalle forze naziste nel Centro-Nord, e il locale comando partigiano: era al centro del dibattito il rilascio di due miliziani fascisti, prigionieri di una banda partigiana che agiva sulle colline del Savonese.

L’assassinio maturò in questo quadro: una vendetta per il servizio svolto a tutta la comunità, guardando alle esigenze delle persone senza occuparsi troppo dei colori politici. Nel lavoro collettivo di superare la guerra civile, vittime furono anche le vite spente ma dimenticate, cui lo spazio civile ha mantenuto formalmente la memoria, ma il cui lascito rimane un contributo per pochi, là dove potrebbe essere invece un patrimonio comune. La vicenda di Nicolò Peluffo ricorda ai più attenti quella di don Giovanni Minzoni, l’arciprete di Argenta trucidato dalle squadre fasciste nel 1923 per motivi tutto sommato compatibili con quelli di don Peluffo: essere stato cristiano fino in fondo, aver seguito la vocazione del prete schierandosi con gli ultimi.

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