Il massacro di Monte Sole Marzabotto – la più grande strage di civili compiuta dai nazisti nell’Europa occidentale – avvenne il 29 e il 30 settembre 1944 in almeno trenta luoghi diversi dell’altopiano fra le valli del Reno e del Setta. In molti casi persero la vita meno di cinque vittime; altri villaggi rurali, come Casaglia (85 vittime), Cadotto e Ravecchia (circa 65), Cerpiano (43), San Giovanni di Sotto (49), Creda (69) e Caprara (35) furono sede dei crimini più gravi. In totale i civili uccisi furono 770, per lo più bambini, donne e anziani. Protagonista principale della guerra criminale contro i civili fu la 16a Divisione SS, che fino al 29 settembre 1944 aveva, dal 6 agosto, ucciso 1267 persone: Romagna in provincia di Pisa, Sant’Anna di Stazzema, San Terenzo Monti, Vinca, Certosa di Farneta, Fosse del Frigido, Bergiola Foscalina. Furono tutte operazioni pianificate a tavolino: si circondava un’area e si procedeva allo sterminio di coloro che vi venivano trovati, nessuno escluso.
Ai morti vanno aggiunti i molti feriti e i superstiti traumatizzati, gravemente menomati sul piano fisico e psichico. Tra queste le donne vittime di violenze sessuali. Alcuni giorni dopo la strage un gruppo di ufficiali tedeschi tornò a Cerpiano. Al processo di Bologna, nel dopoguerra, Lina Cincinnati testimoniò: “codesti ufficiali erano di carattere cattivo, e ce n’era uno con un braccio amputato sotto il gomito”. Quest’ultimo era Walter Reder, il principale responsabile della strage insieme a Helmut Loos. Reder era il comandante del Battaglione esplorante della 16a Divisione, Loos l’ufficiale di Stato maggiore della Divisione incaricato della sicurezza. Due donne trovarono il coraggio di denunciare al processo la violenza sessuale subita. Reder si difese dicendo di non ricordare perché era ubriaco.
Lo storico Paolo Pezzino, nei suoi studi, ha smontato, sulla base dei documenti, la tesi dei nazisti, che hanno sempre teso a presentare l’operazione di Monte Sole come un rastrellamento antipartigiano. In realtà i partigiani della formazione “Stella Rossa” sostanzialmente non combatterono, di fronte a forze di molto preponderanti, e si sbandarono. Non a caso i tedeschi persero solo sette uomini, contro 770: con i partigiani non ci fu, in sostanza, nessun combattimento. L’obiettivo dei tedeschi era in realtà lo sterminio della popolazione, perché pensavano che, facendo terra bruciata dei civili, i partigiani non potessero più continuare ad operare.
Nell’archivio della Fondazione Gramsci, a Roma, ho rintracciato due lettere e tre testimonianze di sopravvissuti. Le lettere furono inviate al Capo della Provincia di Bologna, il fascista Dino Fantozzi; le testimonianze sono deposizioni spontanee rilasciate allo stesso Fantozzi.
Per questo articolo ho scelto di citare una lettera e una testimonianza.
Antonio Tonelli, il 10 marzo 1945, raccontò nella lettera la tragedia della morte della moglie, del fratello e di nove figli:
“Il giorno 29 settembre 1944 mentre mia moglie, unitamente a cinque miei figli (11 mesi – 3 anni – 5 anni – 10 anni e 12 anni) si trovavano in Chiesa nella località Casaglia del Comune di Marzabotto, sono stati rastrellati da reparti germanici, i quali hanno portato i miei suddetti congiunti, come pure numerose altre donne e bambini nel vicino Cimitero, dove li hanno uccisi a colpi di mitraglia. Io pure sono stato rastrellato il 4 ottobre successivo, unitamente a quattro miei figli (di anni 8 – due gemelli di anni 13 – ed uno di anni 15). E’ stato inoltre rastrellato anche mio fratello, e tutti insieme siamo stati adibiti al trasporto di munizioni al fronte. Il 24 ottobre una cannonata uccise mio fratello e ferì gravemente i miei due figli gemelli di 13 anni.
Nell’intento di portare in salvo i miei figlioli feriti, mi sono diretto verso un centro della Croce Rossa, aiutato dagli altri miei figlioli ancora validi, ma una cannonata ci raggiunse e i miei ragazzi (quello di anni 8 e quello di 15) caddero morti, mentre io rimanevo gravemente ferito. Ho perduto un occhio ed ho la mano destra che è rimasta immobilizzata.
Siamo stati raccolti da alcuni militari tedeschi, ma abbiamo subito un bruttissimo trattamento.
Tuttavia sono poi riuscito a far ricoverare i due gemelli feriti, ma uno è morto dopo due giorni mentre l’altro decedeva al ‘Putti’ il 5 novembre successivo.
Di tutta la mia numerosa famiglia, sono quindi io l’unico superstite”.