Genova. E’ stata fissata al 15 ottobre la data in cui cominceranno le operazioni peritali per rispondere ai quesiti integrativi posti dai giudici sulle cause del crollo del ponte Morandi. I periti Losa, Rosati, Valentini e Cuneo, dovranno riprendere in mano tutta la documentazione e i risultati già ottenuti in sede di incidente probatorio per circoscrivere ulteriormente le cause del crollo.
Gli esperti dovranno spiegare se Aspi ha messo in campo la sorveglianza necessaria per comprendere l’effettivo stato di ammaloramento dei cavi d’acciaio presenti all’interno degli stralli di pila 9, quella crollata il 14 agosto 2018. Se le ispezioni visive dei tecnici di Spea, la controllata che si occupava di manutenzioni e sorveglianza, siano state eseguite in modo corretto e in numero sufficiente. Ancora i giudici hanno chiesto ai periti se l’entità del fenomeno corrosivo possa essere dipesa in via esclusiva da fattori endogeni, con riferimento alla cavità che si era formata – come è emerso in maggior dettaglio nel dibattimento – nella fase di costruzione del viadotto. La tesi delle difese infatti è che a generare la corrosione dentro lo strallo sino stati fattori endogeni che i controlli esterni non potevano rilevare, mentre il ponte era generalmente in buono stato di conservazione. Si tratta della cosiddetta tesi sul ‘vizio occulto‘ che se accolta scagionerebbe tutti e 58 gli imputati.
Il collegio ha chiesto ai periti di rispondere ai quesiti 60 giorni. Dopo l’udienza del 15 ottobre la successiva è stata infatti fissata al 13 gennaio. Ma non è escluso – come spesso accade – che i periti chiedano un po’ di tempo in più e questo potrebbe portare a uno stop del processo ancora più lungo.