È un quadro a tinte fosche, quello della sanità spezzina tracciato da Arturo Fortunati dopo alcuni giorni di ricovero al Sant’Andrea. Dopo l’incredibile storia di Paolo Negro, che oggi si ritrova a convivere con una spirale nel cuore come effetto collaterale di un intervento di routine, un altro paziente con trascorsi nella gestione della cosa pubblica ha deciso di raccontare la sua esperienza a Città della Spezia.
“Mi sono reso conto sulla mia pelle della varietà di problemi che devono subire i pazienti. Il primo è l’attesa per la collocazione nei reparti, dove ci sono pochissimi posti. In Medicina generale ci sono solo 12 letti, mentre altri 16 pazienti che dovevano essere ricoverati in quel reparto erano altrove, dove c’è posto, con le fisiologiche difficoltà nel venir seguiti adeguatamente dai medici. E poi – spiega Fortunati – mancano i farmaci e ho sentito personalmente infermieri lamentarsi di questa situazione, dovendo telefonare ad altri reparti per sapere se ne avevano. E parliamo di medicinali ordinari… tanto che i pazienti devono portarsi da casa anche banali antidolorifici. Anche alcuni strumenti diagnostici quotidiani come il misuratore di pressione e il saturimetro avevano problemi, e funzionavano a intermittenza”.
Ma oltre alle carenze di stampo sanitario, Fortunati ha sperimentato anche problemi nei servizi più basilari. “A colazione non veniva fornito lo zucchero, perché non ce n’era, i limoni disponibili erano pochi, quando c’erano, e in alcune occasioni ci è stato chiesto di prendere un solo pacchetto di fette biscottate, invece di due. Ci sono evidenti problemi di approvvigionamento, anche nelle cose più semplici. Eppure alla comunità il ricovero di una persona costa centinaia e centinaia di euro: per la precisione a Genova si parte da 600 euro, mentre alla Spezia si spende meno, a danno dei degenti e dei lavoratori. Senza contare il disagio nel quale devono operare i lavoratori, costretti a fare i salti mortali per garantire il minimo indispensabile ai pazienti e a mettere la faccia nello scusarsi perché manca questo o quello”.