Addio ad Aldo Maneschi, l’infermiere-partigiano “Merlo”. Da Migliarina salì a Cento Croci fino a Groppo

Addio ad Aldo Maneschi, l’infermiere-partigiano “Merlo”. Da Migliarina salì a Cento Croci fino a Groppo

Aldo Maneschi

Ci ha lasciati il partigiano Aldo Maneschi detto Dino, nome di battaglia “Merlo”. I funerali si terranno giovedì 28 novembre alle 15,30 nella chiesa parrocchiale di Ns. Signora della Neve, in viale Garibaldi. Salì ai monti nel settembre 1944, nella brigata Centocroci, dove già combattevano i cugini Bruno detto Lello ed Emilio Maneschi; nel novembre salirono anche gli altri due cugini Erminio e Giuliano detto Neto. Aldo raggiunse il Passo delle Cento Croci a piedi, da lì andò ad Albareto, nel Parmense. Fece l’infermiere, aveva sempre in spalla lo zainetto con le medicine. Erano tutti ragazzi di Migliarina, il loro punto di riferimento era Ferruccio Pellegrinelli, il pugile. Il comandante della compagnia era il vezzanese Enrico Cozzani “Richin”. Il momento più terribile fu il rastrellamento del 20 gennaio 1945, noto come “la battaglia del Gottero”: 25 mila nazisti e fascisti accerchiarono i 2500 partigiani della IV Zona operativa con l’obiettivo di annientarli. Si combatteva a dieci, quindici gradi sottozero. “Merlo” e i suoi compagni ebbero un primo scontro con soldati “mongoli” – asiatici combattenti con i nazisti – vicino a Tarsogno, poi intendevano recarsi nello Zerasco.

Ma, saputo che anche là c’erano i rastrellatori, tornarono indietro di notte dal monte Gottero e passarono tra due formazioni di tedeschi e “mongoli” per raggiungere il monte Penna. Solo dopo una decina di giorni raggiunsero Groppo di Sesta Godano. Fu una vera epopea. I partigiani subirono colpi, ma non ci fu lo sbandamento generale. “Solo” 50 morti e 40 prigionieri, e moltissimi congelamenti agli arti inferiori. Un’esperienza dolorosa che li rafforzò: si riorganizzarono e ripresero la lotta. A Groppo si costituì la “nuova“ Cento Croci garibaldina, che andò poi a Buto, dove combatté il 21 marzo. Fino alla battaglia finale, che vide la sconfitta dei tedeschi a San Benedetto, il 24 aprile. Il 25 aprile, raccontava “Merlo”, iniziò la discesa dei partigiani verso Spezia: “Venivamo giù con i nostri fazzoletti rossi, le armi pronte, ma non incontrammo né tedeschi né fascisti. Mentre scendevamo si facevano sempre più numerose le persone che ci venivano incontro: prima alla Chiappa, poi da lì fino a piazza Verdi fu tutto un abbraccio popolare. A noi si unirono uomini delle SAP con il tricolore al braccio. E’ qui che conobbi Pietro Mario Beghi, che quel giorno fu nominato Prefetto”. Da partigiano “Merlo” ha coltivato il sogno di un mondo di pace, libertà e giustizia. Ideali a cui è sempre rimasto fedele, impegnandosi nell’ANPI. Ha lavorato come autista, è sempre stato appassionato di sport, e soprattutto è stato marito, padre,nonno e bisnonno felice.

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