Un’affollata sala consiliare di Aulla ha accolto ieri Wu Ming 1, pseudonimo di Roberto Bui, e il suo nuovo libro Gli uomini pesce (Einaudi). L’iniziativa, organizzata dal circolo Arci Agogo in collaborazione con il Comune aullese e inserita nella rassegna “Aulluvione”, ha visto l’autore – membro del noto collettivo Wu Ming – conversare con Katia Castellani e Oreste Berrini, un’intervista inframezzata da letture del libro a cura di Jonathan Lazzini unite agli interventi sonori di Massimiliano Furia; in chiusura interventi dal pubblico e firmacopie.
“Il vero protagonista del romanzo è un territorio, quel territorio che da Ferrara arriva fino al delta del Po, dove io sono nato e cresciuto. Un territorio cyborg, completamente ingegnerizzato, risultato di cent’anni di prosciugamenti di zone umide, di bonifiche estesissime, intense e anche brutali, che hanno costruito un territorio interamente dipendente dalle tecnologie, senza le quali non esisterebbe, finirebbe sott’acqua – ha detto Bui in una delle prime battute della chiacchierata aullese -. Cosa che però succederà, perché il suolo si abbassa sempre di più per processi di subsidenza che hanno origini antropiche, mentre il mare Adriatico si alza. Secondo le proiezioni entro il 2100 questo territorio finirà sott’acqua, quindi mi sono reso conto di essere nato e cresciuto all’interno di una parentesi di asciutto: l’acqua c’era fino a poco tempo prima che io nascessi e l’acqua tornerà. Crescendo vedevo campi a perdita d’occhio, la classica pianura padana, ma era un effetto ottico. Un paesaggio che sembra permanente e stabilizzato, ma è in realtà precarissimo. Mi è sembrata questa la chiave per raccontare questo territorio, che ha una storia pazzesca tutta legata a questa dialettica conflittuale tra terra e acqua, con una serie di conseguenze sociali, economiche ecc. Un territorio che si appresta a scomparire e che quindi va cantato, il prima possibile. Anche perché cantarlo serve a difenderlo: la chiave è che la crisi climatica è anche una grandissima occasione, perché ci costringe a guardarci all’indietro e rivisitare, studiare, conoscere meglio tutte le scelte che sono state fatte. Uno sguardo retrospettivo per conoscerlo meglio, questo territorio, che in realtà conosciamo sempre meno e con il quale abbiamo un rapporto ormai alienato. E nell’andare a considerare tutte le scelte che sono state fatte e che hanno costruito dei territori estremamente deboli, fragili, sovraesposti al rischio, incapaci di reggere l’urto della crisi climatica – scelte legate all’imposizione di un modello di sviluppo -, ecco, nel far questo, probabilmente, troveremo anche dei modi, delle soluzioni, delle idee su come lottare dentro questo nuovo scenario del cambiamento climatico. Ed è quello che pensano i personaggi del libro: rivisitare il passato di questo territorio serve ad affrontarne il futuro”.