Da Andrea Carannante, capogruppo consigliare in Rapallo
Non è il risultato di un errore amministrativo, ma di un sistema che da anni si regge su equilibri interni, su rapporti consolidati, su una rete di interessi che impedisce qualsiasi cambiamento vero. È questo il punto che nessuno vuole dire ad alta voce. E forse l’unico che può farlo sono io. Perché non devo niente a nessuno.
Non ho mai avuto incarichi distribuiti per convenienza, non ho mai stretto accordi sottobanco, non ho mai fatto opposizione per calcolo né maggioranza per comodità. Ho scelto di fare politica con libertà, e oggi quella libertà mi permette di dire ciò che molti pensano ma non possono o non vogliono dire: a Rapallo comandano ancora le stesse logiche di vent’anni fa.
Il caso dell’asilo al Parco Casale è solo l’ultimo episodio che lo dimostra. Un progetto approvato con convinzione dalla maggioranza, che oggi però – sotto pressione – inizia a vacillare. Se c’è davvero chi ha cambiato idea, ben venga. Ma è utile ricordare che certi atti sono stati votati da chi oggi tenta di smarcarsi. Noi, invece, ci siamo sempre opposti. Non per fare polemica, ma per coerenza. Perché un parco non è un vuoto da riempire, ma un bene da proteggere.
Ma questa vicenda va letta in un quadro più ampio. La verità è che il progetto dell’asilo non è il problema: è il sintomo. Il problema è un’amministrazione che non decide, perché non può. Perché ogni scelta deve passare attraverso un sistema di pesi e contrappesi interni, di concessioni reciproche, di interessi che si sfiorano e si rispettano. Un sistema in cui ciò che conta non è cosa si fa per la città, ma chi può permetterselo senza disturbare nessuno.
In questi anni abbiamo visto promesse svanire: mobilità “intelligente” gestita a colpi di ordinanze provvisorie, partecipate mai nate, piani urbanistici senza direzione, investimenti annunciati e poi evaporati. E intanto la città arretra. Non è una percezione: è un dato oggettivo. Chiunque visiti le città vicine – anche solo per caso – si accorge della differenza. Mentre altrove si cambia, si costruisce il futuro, Rapallo è una delle poche città che negli ultimi anni ha fatto passi indietro. Lo si vede a occhio nudo. E non serve un esperto per capirlo.
Rapallo è bloccata non solo da un’amministrazione incapace, ma da un sistema che non vuole cambiare. Che si conserva, si protegge, si alimenta di silenzi e convenienze. E il dramma è che molti cittadini si sono ormai convinti che questa sia la normalità. Che nulla cambierà mai. Che è così e basta.
Ma non è così. Cambiare si può. E si deve. Ma serve rompere questo schema, mettere in discussione gli equilibri, aprire i cassetti chiusi da troppo tempo.
E serve che chi è libero – davvero libero – abbia il coraggio di dirlo. Io questo coraggio ce l’ho. Perché non ho promesse da mantenere verso nessuno, se non verso i cittadini che mi hanno dato fiducia.
Non basta cambiare un progetto. Serve cambiare un modello. Rapallo merita una politica che non abbia paura di disturbare i centri di potere. Che non si faccia complice, nemmeno per quieto vivere. Che non baratti il futuro con l’equilibrio del presente.
Finché potrò, continuerò a denunciare questo sistema. E a lavorare per scardinarlo